“Conciliare nel perseguimento degli obiettivi di business aziendale la sostenibilità economica con quella ambientale e sociale, tenendo conto degli interessi di tutti i soggetti con cui si entra in relazione e rendendo conto delle proprie attività in maniera chiara e trasparente”. La definizione minima operativa di “responsabilità sociale” offerta da Raffaella Papa comunica la portata innovativa di un paradigma economico sempre più diffuso a livello internazionale e, allo stesso tempo, il salto culturale cui è chiamato a rispondere il sistema produttivo nazionale. “Va superato l’approccio filantropico con cui ancora oggi molte imprese pagano l’obolo per questa o quella causa per sposare una visione di prospettiva,” sottolinea il presidente dell’associazione Spazio alla Responsabilità. Soprattutto, dopo una crisi innescata da condotte sconsiderate (a livello finanziario, politico, ambientale), diventa essenziale “dare conto al mercato delle proprie scelte e comportamenti: l’unico modo per non caricare le generazioni future dei nostri errori”. Un programma di lungo termine, partito da almeno un decennio, su cui si farà il punto a Napoli il prossimo ottobre con la sesta edizione del Salone Mediterraneo della Responsabilità Sociale Condivisa (MedSRC).
In che modo promuovere un concetto così innovativo?
Le 87 organizzazione che hanno dato vita al Forum permanente della responsabilità sociale del Mediterraneo puntano al modello di cooperazione multistakeholder: un tavolo multisettoriale per lavorare al raggiungimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile promossi dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Una rete di cui è entrata a far parte recentemente anche l’AdSP del Mar Tirreno Centrale: naturale conseguenza del nostro interesse per un settore strategico come i trasporti.
Quali gli strumenti e le iniziative su cui puntare?
In occasione dell’ultima edizione del MedSRC abbiamo lanciato il progetto PreSS4Supply che punta sull’attrazione esercitata dalle grandi imprese sulle PMI all’interno della catena di fornitura. L’idea, anche alla luce delle implicazioni della rivoluzione industriale 4.0, è di lavorare sui grandi player per coinvolgere a cascata la piccola committenza. Lo strumento individuato è stato il “rating di legalità”: sorta di autocertificazione che assegna una stelletta in caso di mancanza di pendenze legali e, a salire, ulteriori punteggi se sono adottate ulteriori azioni di sostenibilità sociale e ambientale. Un modo per individuare, partendo da quello che già si fa, la strada da percorrere per migliorarsi.
Il rating prevede meccanismi d’incentivazione?
La norma che lo introduce, risalente al 2012, prevede l’obbligo per la PA di premiare le aziende nell’accesso a finanziamenti e bandi gara. Chi ottiene il riconoscimento è inserito in una apposita lista “reputazionale” sul sito dell’Agcm mentre dallo scorso settembre il rating è registrato anche nelle visure camerali. Previsto anche un miglior accesso al credito, questione al centro di una serie di tavoli tecnici con il sistema bancario.
Da dove nasce l’interesse per il settore dei trasporti?
Si tratta di un comparto di valenza strategica per l’alta commistione tra pubblico e privato. L’attenzione crescente per le modalità in cui sono impiegate le risorse statali e per la qualità dell’erogazione dei servizi può incentivare l’adozione di strumenti come il rating di legalità innescando un circolo virtuoso. In Campania, ad esempio, i trasporti da una parte sostengono l’economia locale, dall’altro sono destinatari di finanziamenti pubblici: possono quindi funzionare da motore per l’economia etica.
Da qui gli accordi con AdSP, EAV e Gesac?
Certo. Non a caso al prossimo MedSRC dedicheremo una sessione all’evoluzione dei modelli organizzativi delle aziende di trasporto. Inoltre abbiamo costituito con ente portuale, Assospena, Propeller e Confindustria un tavolo operativo per avviare processi d’integrazione del rating all’interno delle aziende: lo stesso presidente Spirito ne ha annunciato l’utilizzo in tutte le iniziative dell’AdSP e per il processo di insediamento delle ZES. Un’opportunità per garantire e promuovere progetti economici improntati alla qualità del rapporto con territori e popolazioni. La sfida ormai non si gioca più sul breve termine ma nella capacità di costruire un valore basato sulle relazioni di fiducia con il mercato e i suoi attori.