Cambio di guardia a Palazzo Partanna. Vito Grassi, 59 anni, già candidato dell’Unione alla presidenza della Camera di commercio, è il nuovo presidente degli industriali napoletani. Subentra ad Ambrogio Prezioso, che ha mantenuto l’incarico dal 2014, ed oggi numero uno di Confindustria Campania. Grassi è stato eletto all’unanimità con il 99,5% dei voti dall’assemblea dei soci dell’associazione imprenditoriale riunita in seduta ordinaria.
Ad affiancare il Presidente Grassi nel Comitato di presidenza saranno i Vice Presidenti: Maurizio Manfellotto Innovazione e competitività nel manifatturiero, trasformazione digitale; Armando Brunini Promozione internazionale dell’Impresa napoletana; Francesco Tavassi Economia del mare; Maurizio Capotorto Infrastrutture materiali, Trasporti e Relazioni industriali; Vincenzo Napolitano Energia ed Ambiente. Nonché i Vice Presidenti di diritto, ovvero la Presidente del Gruppo Piccola Industria Anna Del Sorbo (delegata a “Sviluppo associativo, Reti d’impresa e Responsabilità sociale”) e il Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Vittorio Ciotola (delegato a “Start up, Legalità e Passaggio generazionale”).
“Il nostro programma parte necessariamente dalla città di Napoli, dal Mezzogiorno e dal Paese che hanno bisogno di una politica industriale che metta al centro la competitività delle aziende. Per procedere efficacemente in questa direzione dobbiamo creare le condizioni per un rilancio dell’industria manifatturiera, motore dell’innovazione, tenendo conto della catena del valore in una visione integrata di filiera che includa tutte le fasi del processo produttivo. Un manifatturiero al passo con la trasformazione digitale in atto”. Un manifatturiero così configurato, aggiunge Grassi, “deve saper anche farsi interprete delle nuove relazioni industriali promosse nel Patto della Fabbrica sottoscritto di recente da Confindustria e dai sindacati; nuove relazioni industriali funzionali ad un sistema economico che veda datori di lavoro e lavoratori dalla stessa parte, impegnati quotidianamente a guadagnare nuove aree di mercato ed a consolidare quelle guadagnate, a far crescere il territorio dove insistono nell’esaltazione della cultura d’impresa, del merito e del risultato”.
Il programma di presidenza indica poi alcune linee direttrici per un territorio più competitivo e capace di attrarre capitali d’investimento. Un obiettivo da perseguire rimuovendo gli ostacoli che frenano lo sviluppo del Paese, del Sud e della Campania: infrastrutture carenti, che spesso non dialogano tra loro, amministrazioni inefficienti, pressione fiscale alta, giustizia civile con tempi intollerabili per l’economia, costo dell’energia superiore di quasi il 28% a quello europeo e ancora più elevato nel Mezzogiorno. E poi gli investimenti pubblici, caduti drasticamente negli ultimi anni, e la sicurezza.
Per lo sviluppo economico e sociale è necessaria la crescita dimensionale delle imprese per competere sul mercato globale. Bisogna distinguere tra proprietà, governo e gestione delle aziende, aprirsi a capitali e presenze manageriali, favorire le diverse forme di aggregazione.
E poi la promozione internazionale delle imprese, l’attuazione dei grandi progetti di riconversione e rigenerazione urbana, dai Campi Flegrei a Napoli Est, a Pompei e area vesuviana, l’attuazione della Zes, la valorizzazione dei grandi nodi di trasporto. Non ultimo, il rilancio del porto e il suo definivo collegamento con stazione ferroviaria e gli interporti: altrettanti capitoli di un itinerario di crescita solo avviato e da consolidare e sviluppare in tempi rapidi. Grande attenzione è rivolta all’economia del mare. “A Napoli ed in Campania le infrastrutture legate al mare sono ben strutturate ma non attive”, dice Francesco Tavassi. “Nel senso che per avere valenza devono essere utilizzate. Ed oggi non lo sono. Gli interporti ed i porti non sono ancora efficientemente collegati, le imprese non dialogo tra loro, i dragaggi per poter accogliere le grandi navi vanno a rilento. E tutto questo va a discapito non solo degli operatori marittimi, ma dell’intera economia regionale”.
Eduardo Cagnazzi