A 22 anni dal ritorno alla madre patria cinese, dopo 150 anni di amministrazione britannica, Hong Kong vive una nuova giovinezza, supportata da riconoscimenti internazionali che la confermano ai primissimi posti al mondo come migliore location per aprire filiali di aziende straniere e imprese di servizi di supporto all’enorme volume di commercio, investimenti, infrastrutture, ricerca e sviluppo e turismo che la città registra, anno dopo anno. L’americana Heritage Foundation ha classificato Hong Kong come l’economia più libera del mondo per 24 anni consecutivi, il prestigioso istituto svizzero International Institute for Management Development la pone al secondo posto al mondo nella classifica delle economie più competitive, la Banca Mondiale l’ha inserita al quarto posto nella sua ultima relazione sulla facilità di fare impresa, e il World Economic Forum pone Hong Kong al primo posto in Asia per l’indipendenza giudiziaria.
Lo scetticismo che imperversava negli anni che hanno preceduto lo storico passaggio alla Cina ha lasciato il posto a un’incredibile euforia, dove ogni progetto imprenditoriale nasce con aspettative di successo senza paragoni in altre parti del mondo. Merito certamente dell’intuito dell’allora leader comunista Deng Xiaoping e della sua formula magica “un paese due sistemi” con la quale si impegnava a garantire a Hong Kong 50 anni di autonomia, dopo il suo rientro sotto la sovranità cinese.
I successori di Deng Xiaoping hanno fatto la loro parte, sostenendo la sua crescita economica con ogni mezzo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una metropoli sicura e accogliente, con infrastrutture di primordine; valuta convertibile e ancorata al dollaro americano; stato di diritto con un efficiente sistema giuridico; centro finanziario internazionale; lingue ufficiali inglese e cinese; porto franco e sistema fiscale semplice e moderato. L’ultimo rapporto pubblicato da PwC e dalla Banca Mondiale ritiene che Hong Kong abbia il sistema fiscale più favorevole alle imprese del mondo - un’imposta dell’8,25% sui primi 2 milioni di HK$ di utili d’impresa e del 16,5% successivamente; l’imposta sui redditi delle persone fisiche ha un tetto massimo del 15%. Nessuna imposta di successione, né sulle plusvalenze e niente IVA.
Tutto questo, potendo contare su di una posizione strategica, al centro di una regione che traina l’economia mondiale, e con il sostegno di Pechino che conferisce, alla sua piccola enclave capitalista, ruoli determinanti nelle sue iniziative internazionali più strategiche, come la Belt & Road e la Hong Kong - Guangdong Greater Bay Area. Sulla Belt & Road è stato detto molto, sui numerosi progetti infrastrutturali avviati nell’onda di questa enorme iniziativa che, partendo dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, mira a promuovere il ruolo della Cina nelle relazioni globali, favorendo i flussi di investimenti internazionali e gli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi.
Un progetto che coinvolge più della metà della popolazione mondiale, tre quarti delle riserve energetiche e un terzo del prodotto interno lordo globale. In questa iniziativa epocale Hong Kong ha un ruolo centrale, non solo nella gestione finanziaria della maggior parte dei progetti di investimento, grazie al suo stato di principale mercato internazionale del Renminbi, ma anche come il grande connettore, dove si discutono e si approvano i progetti da inserire nel grande contenitore della Belt & Road.
Molto meno si parla di un’altra iniziativa strategica, ideata e concertata da Pechino: la Guangdong - Hong Kong - Macao Greater Bay Area, un grande progetto destinato a collegare le città di Hong Kong, Macao, Guangzhou, Shenzhen e altre 7 città in un centro economico e commerciale integrato, con una popolazione di 68 milioni di abitanti e un PIL di 1.500 miliardi di dollari. Non occorre molta fantasia per immaginare il ruolo di capitale finanziaria, di management e di fornitore di servizi avanzati di Hong Kong in questa regione economica, poco più grande di Piemonte e Lombardia. La Greater Bay Area ha tutte le carte in regola per competere con Tokyo, San Francisco e New York - le tre più note regioni economiche del mondo – e offre opportunità straordinarie per le imprese straniere che operano con filiali a Hong Kong. Le imprese italiane non possono e non devono mancare a questo appuntamento se vogliono giocare un ruolo di primo piano sui mercati internazionali nel prossimo futuro.
Stefano De Paoli