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» »Unlabelled » MARZO 2019 PAG. 18 - Promuovere all’estero il sistema logistico italiano


Lo sviluppo dell’intermodalità passa da un dialogo più stretto tra porti e interporti. Sia per quanto concerne gli aspetti infrastrutturali, come la connessione dell’ultimo miglio ferroviario, sia per quelli organizzativi, con la necessità di saper comunicare e promuovere all’estero il sistema logistico italiano. Di questo ed altro si è discusso a Verona nel corso di Transpotec 2019 al convegno organizzato da Assoporti e UIR “Porti e interporti, un ruolo anche di connessione ferroviaria”.

Zeno D’Agostino (Presidente, AdSP Mar Adriatico Orientale) - L’intermodalità non può essere ridotta a mera questione infrastrutturale. Bisogna fare i conti con la grande frammentazione del sistema produttivo e con una geografia complicata. “Scontiamo la natura urbana dei nostri porti e la difficoltà del sistema a creare economie di scala tra modalità marittima e ferroviaria”. In un quadro in cui esistono grandi differenze di qualità tra le moderne infrastrutture ferroviarie degli interporti e quelle (spesso) fatiscenti dei porti è necessario che il pubblico riscopra un ruolo da protagonista. “A livello mondiale gli investimenti statali sono trainanti: è ormai chiaro che, da soli, i privati non sono in grado di intervenire nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali. È un dato di fatto di cui anche il nostro paese dovrebbe rendersi conto”.

Christian Colaneri (Direzione Commerciale, RFI) - “Il sistema ferroviario italiano ha bisogno di un Piano Marshall. La difficoltà maggiore sta nel dover recuperare il gap intermodale mentre il mercato si muove”. Se per sua natura l’infrastruttura non può rispondere alla flessibilità della domanda e sconta da una parte i ritardi di una politica nazionale di settore e dall’altra i frequenti cambi di orientamento politico, allora, la soluzione più semplice e di buon senso diventa “far funzionare l’esistente”. “Sulla problematiche di ultimo miglio l’azienda sta sfruttando l’opportunità dei fondi non spesi in passato. Ragionando in ottica nave, puntando quindi a input progettuali diversi, sono stati dirottati 48 milioni di euro su interventi non complessi ma in grado di mettere in relazioni porti e ferrovie. Nei prossimi mesi le risorse saranno assegnate ai referenti territoriali per far partire gli interventi più urgenti”.

Giuseppe Acquaro (Presidente, Terminal Italia) - “Le operazioni di terminalizzazione non corrispondono alle manovre. Un terminal combinato è una semplice stazione messa a disposizione di passeggeri/container per il trasferimento sui treni. Da qui la necessità di guardare alla fase operativa in relazione a tutti i elementi esterni al sistema”. Porre attenzione, dunque, ai flussi e, soprattutto, “analizzarli nella loro interezza”. “Per programmare va acquisita una necessaria visione d’insieme per favorire la competitività complessiva del cambio modale: se si vuole spostare la merce sul combinato bisogna occuparsi anche del primo miglio”. Ne consegue che se solo “i grandi volumi assorbono le rotture di carico” si dovrà puntare su “un network di terminal vocazionalmente determinati”. “La scommessa sul futuro non si gioca sul costo della manodopera ma sue due elementi: concentrazioni di più lavorazioni e nuove tecnologie”.

Giancarlo Laguzzi (Presidente, Fercargo) - Le modifiche apportate dal Parlamento all’ultimo piano commerciale di RFI vedono un giudizio positivo dell’associazione che rappresenta il mercato privato. “Il passo ulteriore sarà quello di raggiungere i livelli continentali superando il gap infrastrutturale e organizzativo che frena la crescita”. Intervenire su sagome, lunghezza e peso dei convogli, oltre a risolvere la problematica del macchinista unico, la ricetta indicata. “Risolti questi problemi potremmo offrire un 40% in meno in termini di costi, accelerando lo split intermodale avviato con l’introduzione dello sconto pedaggio”. Giudizio positivo anche sugli investimenti sulle linee di valico a patto “di avviare un ragionamento sugli spazi interportuali. “Nei terminal c’è necessità di ulteriori aree. Mancano gli slot in previsione del raddoppio dei volumi”.
Giovanni Grande

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