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» » Terminalisti portuali, nuove rappresentanze e modelli divergenti

 


I cambiamenti strutturali del secolo delle logistica assestano poderosi colpi anche al sistema rappresentativo del settore. Grandi concentrazioni, integrazione verticale, presidio dei singoli anelli della supply chain. Fenomeni sulla cui interpretazione si gioca il destino del tradizionale modello associazionistico, fin qui tutto orizzontale e pluralistico. 

La conferma di una tendenza al riposizionamento in nuove forme di aggregazione d’interessi, anticipata già da qualche anno dalla divisione degli armatori e, con modalità e motivazioni differenti, dalla nascita di un soggetto come Alis, arriva non a caso dal terminalismo portuale. Campo nel quale si sta consumando una delle battaglie da cui scaturirà il futuro spirito della logistica. 

L’annuncio della fuoriuscita da Assiterminal dei terminal controllati o partecipati significativamente da MSC annunciata dal riconfermato presidente dell’associazione, Luca Becce, è in realtà solo il passo ufficiale di una rottura consumatasi almeno dallo scorso biennio. La transizione verso Uniport e la galassia Confcommercio sancisce la profonda discordanza delle concezioni di partenza. Da una parte l’impresa portuale come attività industriale, dall’altra come erogatrice di servizi. O, per dirla in altro modo: presidio territoriale a cavallo di connessioni e mercati, in funzione della merce, in contrapposizione all’anello di una lunga catena logistica con a capo un dominus

Ad oltre un quarto di secolo dalla legge 84/94 il mondo del terminalismo italiano è cambiato profondamente. Con il tramonto dell’era dei “capitani coraggiosi” i player del comparto – piccolo ma strategico – sono tutti controllati e/o partecipati dai principali network internazionali o fondi di investimento. E seguono logiche e modelli che il quadro normativo nazionale stenta sempre più a contenere. 

Ancora presto per pronosticare la natura dei rapporti tra le due associazioni. Esistono dossier di comune interesse come la revisione dell’organizzazione del lavoro e delle regole sulle concessioni. Così come divergenze inconciliabili come l’appoggio di Assiterminal a Feport (la federazione dei terminalisti privati europei) contro la richiesta degli armatori di derogare alla disciplina antitrust anche per le aggregazioni di logistica terrestre. 

Che la separazione attuale sia solo l’ennesimo capitolo di una articolata storia di scissioni nel settore o il sintomo di un’inesorabile polverizzazione degli istituti di rappresentanza intermedi tradizionali una cosa è certa: gli effetti della riorganizzazione logistica dell’economia mondiale si faranno sentire in Italia anche sotto questo aspetto

Gli interessi legittimi si stanno riarticolando, polarizzandosi secondo linee di faglia sempre più nette. E forse, in termini di chiarezza, non è un male. 

                                                                                                                                                                                                                                                                                               GG

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