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» »Unlabelled » APRILE 2018 PAG. 46 - Gli avvocati napoletani e la relazione tra porto e città



Il deficit di conoscenza della vocazione marittima di Napoli e dell’enorme impatto della “blue economy” su tutto il territorio regionale riguarda anche il mondo dell’avvocatura. Il diaframma storico che separa la città dal suo porto si è tradotto in una consolidata disattenzione per un universo produttivo ricchissimo sia dal punto di vista della materia legale in sé sia per le opportunità professionali che può dischiudere. Nasce da queste considerazione l’impulso da parte del presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, Maurizio Bianco, per l’istituzione di una “Commissione di diritto della Navigazione”: un organo, come spiega a Porto&Interporto il suo coordinatore, l’avvocato Immacolata Marra, che nasce “per mettere in comunicazione due realtà che non sono ancora riuscite ad istituire un dialogo serrato”.
Quali sono gli obiettivi perseguiti dalla Commissione?
L’idea, con pochi precedenti in Italia, parte da lontano quando già nel 2010 il Foro napoletano, con  l’avv. Flavio Zanchini, organizzò un primo appuntamento dedicato alle problematiche marittime. Da allora si è avviato un discorso mai completamente interrotto cha ha portato alla recente istituzione della Commissione. Il suo scopo è sciogliere il vero e proprio paradosso, per una città portuale come Napoli, della scarsa conoscenza delle complessità giuridiche ed economiche legate al suo settore trainante attraverso un percorso di natura didattica e informativa, articolato in più appuntamenti.
Quando si parte?  
Il primo convegno, “Il porto e la città quali fattori di sviluppo e modernizzazione. Sinistri marittimi aspetti giuridici e risarcitori”, è in programma il prossimo 18 maggio alla Sala Metafora del Tribunale di Napoli e sarà diviso in due parti. Una di tipo più istituzionale, ospiti il Comandante del porto di Napoli, Amm. Arturo Faraone, e il Commissario dell’AdSP del Mar Tirreno Meridionale, Antonino de Simone, in cui sarà illustrato la funzione dei porti, le loro attività e il rapporto tra queste e le città; l’altra dal profilo più specifico: un’introduzione agli svariati e complessi aspetti che riguardano i sinistri in mare, con particolare riferimento a tutte le problematiche connesse, dal rapporto con le assicurazioni a quello con gli operatori coinvolti. Nei mesi successivi affronteremo altri argomenti di stretto interesse per il comparto, allargando lo spettro della discussione anche alla navigazione aerea e puntando a coinvolgere magistrati e professori universitari per dare agli eventi un’impronta multidisciplinare.  
Quali, in particolare?
Stiamo ancora lavorando alla definizione degli interventi. Ad ogni modo a giugno affronteremo la questione dei principi di evidenza pubblica in materia di concessioni: territorio in cui, con la direttiva Bolkestein e i principi introdotti dal nuovo Codice degli appalti, viene modificata la tradizionale discrezionalità della PA; e la riforma portuale, con tutte le conseguenze derivanti dagli accorpamenti delle Ap. A luglio si discuterà invece della situazione dei balneari e della scadenza dei rinnovi delle concessioni, fissata al 2020. Nell’occasione saranno avanzate varie ipotesi sulla risoluzione dell’impasse in cui si dibatte il settore.     
Da dove nasce il mancato dialogo con il mondo marittimo?
È un problema che non riguarda solo Napoli. Uno degli obiettivi della Commissione è proprio quello di mettere a sistema il complesso delle esperienze individuali accumulate dai pochi professionisti specializzati offrendo un primo percorso di indirizzo. D’altro canto il processo di adeguamento alle normative europee sta facendo emergere sempre più la necessità di competenze specializzate: gli operatori vogliono essere affiancati anche dal punto di vista giuridico per evitare passi falsi.
Come si può favorire questo processo?
È essenziale approfondire l’interlocuzione con gli operatori, armatori in primis, e le autorità su alcune linee specifiche. In un contesto che viene spesso frenato da interpretazioni fumose il dialogo dovrebbe partire dalla messa a punto di una condotta chiara e condivisa rispetto all’eccessiva confusione delle norme.   
Giovanni Grande

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