Giancarlo Acciaro è stato eletto Presidente dell’Associazione Agenti e Raccomandatari Marittimi della Sardegna con unanimità di consensi, fatto che responsabilizza anche tutta la categoria per azioni efficaci e produttive per gli Agenti marittimi sardi.
Quali azioni l’Associazione sta perseguendo qui in Sardegna?
E’ nel mio programma monitorare le condizioni di sviluppo, come il già accennato polo di bunkeraggio che in lunghi anni è stata limitato per questioni burocratiche, di competenze e per mancanza di assunzioni di responsabilità: dobbiamo fare in modo che si capisca che non si vive di scrivania e di carte, ma che bisogna scendere nell’assunzione di responsabilità. Questo non vuol dire che noi agenti siamo in guerra con la burocrazia, ma che dobbiamo sensibilizzare i nostri interlocutori, che vanno dalle Capitanerie, per tutti i problemi di sicurezza, alle Autorità che non devono pensare di essere qualcosa di staccato, che devono produrre solo statistiche, ma scendere sul campo, sentire gli operatori e da loro arricchire il bagaglio di conoscenze, in particolar modo dagli agenti marittimi che a mio giudizio penso siano pronti a quesra collaborazione.
Con le zes è auspicabile che arrivino investitori esteri?
Sono da sempre convinto che le zone franche possano essere lo strumento di progresso dell’isola che è al momento ancora indietro: si parla di turismo, di buone prospettive sull’agricoltura, sui vini, però io sono convinto che ci manca quel quid che ci consente di essere paragonati a tutte le altre zono economicamente sviluppate, per questo ben vengano investitori stranieri, però su regole certe affinché l’investimento sia un’operazione di arricchimento e non di impoverimento del territorio.
A proposito del territorio e della sua sostenibilità, cosa fanno gli agenti marittimi per il mare?
Ad esempio abbiamo già spinto in maniera molto decisa sulle Bocche di Bonifacio e sul Golfo dell’Asinara per evidenziare il rischio che si corre con un transito incontrollato di navi, che possono essere anche abbastanza moderne ma sempre pericolose per i carichi che trasportano.
Monitorare il sistema, creando anche squadre di pronto intervento che possano intervenire immediatamente in caso di disastro marino significa anche creare nuovi posti di lavoro: se analizziamo il traffico nello stretto di Bonifacio, che attualmente è nelle misura di 35mila navi all’anno, diciamo che esistono le condizioni per offrire un servizio a fronte di un pagamento abbastanza esiguo e che potrebbe essere recuperato attraverso un abbassamento del costo delle assicurazioni in presenza di un contesto di controllo e di prevenzione efficace.