E’ stata presentata, nel corso di un convegno nella sede del Banco di Napoli, la ricerca realizzata da SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) dal titolo Il valore delle filiere produttive nel nuovo contesto competitivo e innovativo, tra Industria 4.0 e Circular Economy, sesto volume della collana di studi sui settori manifatturieri di punta del Mezzogiorno.
Il convegno, introdotto dal Presidente del Banco di Napoli, Maurizio Barracco ha avuto l’obiettivo di stimolare un dibattito rivolto ad esprimere l’importante ruolo che il Mezzogiorno riveste nelle cinque filiere produttive nazionali - Alimentare, Abbigliamento-Moda, Automotive, Aerospazio, Farmaceutica e delle Scienze della Vita. Sono stati analizzati i punti di forza e le aree di rischio della produzione meridionale, e quei fattori chiave - come la logistica e l’innovazione – che assicurino le sue potenzialità di crescita ed espansione, nonché le proposte di intervento, identificando i possibili obiettivi di politica industriale per l’area meridionale.
La ricerca dimostra che il valore delle filiere manifatturiere meridionali va misurato sia attraverso i tradizionali indicatori, ma soprattutto attraverso le innumerevoli relazioni produttive che percorrono lo stivale da Nord a Sud e viceversa. L’obiettivo è infatti evidenziare il peso e il valore competitivo delle realtà industriali meridionali e il grado di connessione produttiva delle filiere, fulcro di forti interdipendenze tra Nord e Sud e driver di valore del Made in Italy nel mondo. Il Paese risulta quindi più unito di quanto sembri ma viene anche sottolineato quanto oggi sia cruciale adottare i nuovi modelli competitivi dettati dalla Quarta rivoluzione industriale e dalla Circular Economy, per favorire un concreto e strutturale percorso di crescita delle principali filiere produttive meridionali.
Nel corso della giornata, inoltre, il Direttore Generale del Banco di Napoli Francesco Guido ha presentato il nuovo progetto Impresa 2022. Obiettivo dell’iniziativa è quello di tracciare il modello a cui le imprese dei settori economici più importanti del Sud dovranno tendere per essere realmente competitive fra cinque anni - quindi nel 2022 - non soltanto in termini di mantenimento della quota di mercato attuale ma anche per aspirare a traguardi superiori. Attraverso uno studio sviluppato da SRM che osserva le dinamiche nazionali e internazionali benchmark di ciascun settore e proietta i trend in atto, il progetto identifica quindi i profili dimensionali minimi, il grado di apertura internazionale, le tecnologie, le competenze professionali e le managerialità necessarie allo scopo. Il progetto ha il fine di creare un’“alleanza” fra le imprese più avanzate da un lato e gli attori dell’istruzione, della formazione, dell’innovazione dall’altro, con un ruolo della Banca che interviene non soltanto per garantire il supporto finanziario ordinario, ma anche per accompagnare la crescita attraverso misure di finanza straordinaria, consulenze strategiche e internazionalizzazione.
I risultati della ricerca sono stati presentati dal Direttore di SRM, Massimo Deandreis e da Salvio Capasso, responsabile dell’area di ricerca “Economia delle Imprese” di SRM.
Maurizio Barracco, Presidente Banco di Napoli: “I dati e le analisi oggi illustrate ci ricordano che il Mezzogiorno è ricco di realtà positive che il Banco di Napoli è pronto a sostenere per favorire una ripresa duratura e dimostrano che anche nel Sud sono presenti aziende con caratteristiche competitive vincenti e ben integrate nella filiera nazionale ed internazionale”.
Francesco Guido, Direttore Generale del Banco di Napoli: “L’incontro di oggi ci fornisce la chiara percezione di come le imprese e le dinamiche imprenditoriali si stanno trasformando e orientando verso un nuovo modello competitivo basato su innovazione, dimensione, formazione e internazionalizzazione. In questo contesto il Banco di Napoli ha lanciato il progetto Impresa 2022 con l’obiettivo di contribuire con la collaborazione attiva delle nostre realtà imprenditoriali a definire un percorso di crescita dell’intero tessuto produttivo”.
Massimo Deandreis, Direttore Generale SRM: “L’obiettivo della ricerca è conoscere e far conoscere il valore delle principali filiere produttive del Mezzogiorno e riconoscere la loro forza connettiva tra il Nord ed il Sud del Paese. Dai dati emerge infatti non solo il valore e la presenza significativa di queste filiere nel Mezzogiorno ma anche l’interdipendenza esistente e il contributo che esse forniscono alla competitività del nostro Paese”.
• Il 43,6% del valore aggiunto manifatturiero nel Mezzogiorno è generato dalle filiere Alimentare, Aeronautico, Automotive, Abbigliamento-Moda e Farmaceutico (4A e Pharma). Si tratta di 12,7 mld di €, il cui peso sul dato nazionale supera quello medio manifatturiero: 17,2% contro 12,3%.
• L’export di tali produzioni è di 20,6 mld €, il 13,5% dell’export nazionale, si contano inoltre oltre 49mila imprese, pari 33% dell’Italia e oltre 217mila addetti, il 19,1% del dato nazionale. (allegate le schede delle filiere).
• Le 5 filiere meridionali citate hanno un peso di rilievo anche nel commercio manifatturiero interregionale: il 45% per export ed il 48,4% per import. Sono inoltre filiere lunghe che si sviluppano da Nord a Sud e per effetto delle interdipendenze di filiera, 100 euro di investimento in questi 5 settori producono un effetto a cascata su tutta l’economia nazionale di 580 euro, con un moltiplicatore quindi pari a 5,8.
• Oltre 10.000 imprese (oltre i dieci addetti) nel Mezzogiorno, hanno fatto investimenti in innovazione ed hanno parametri che le rendono quindi innovative. Queste imprese sono più concentrate rispetto alla media nazionale nell’Internet of Things (10,2% contro 9,9%), nelle vendite on line (11,9% contro 11,4%) e dei Big Data Analytics (6% contro 4,9%), settori nei quali il Mezzogiorno spicca per qualità innovativa.
• Il nuovo paradigma dell’Economia Circolare, basato sul riutilizzo nel ciclo produttivo di scarti e rifiuti industriali, sarebbe particolarmente adatto allo sviluppo di un’industria nel Mezzogiorno capace di integrare crescita economica e ambiente. L’industria del riciclo in Italia produce 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto, circa l’1% dell’intero PIL italiano.
Fabrizio De Cesare