Far valere, se non addirittura imporre, alla politica l’importanza e la valenza strategica del settore portuale. Cinque giorni di chiusura dei porti e il paese resterebbe senza benzina, dieci e le merci sparirebbero dagli scaffali dei supermercati, quindici e sarebbe il collasso totale del sistema Paese.
Così Gian Enzo Duci, al termini di un’assemblea che ha spinto Federagenti anche a oltrepassare i confini del settore marittimo cercando sul tema della spirale negativa, causata da una politica inadeguata e da una burocrazia dominante, anche il confronto con due opinionisti come Luca Telese e Giannantonio Stella, ha concluso l’assemblea pubblica svoltasi oggi ad Ancona.
Un’assemblea che è stata l’occasione per lanciare un decalogo “sblocca mare” che facesse emergere le emergenze e le possibili soluzioni in grado di risolverle.
Duci ha chiamato a confronto anche alcuni componenti di spicco del cluster marittimo. Il Comandante Generale Capitanerie di porto – Guardia Costiera, Giovanni Pettorino si è espresso favorevolmente all’istituzione di un soggetto (un sottosegretario ad hoc?) presso la Presidenza del Consiglio nel quale polarizzare le competenze sul mare e sullo spazio marittimo.
Stefano Messina, Presidente di Assarmatori, ha rimarcato a livello di organismi di guida dell’Unione europea la situazione sia ancora peggiore rispetto a quella italiana, con problematiche del settore mare drasticamente sottovalutate; ha inoltre invitato a valutare un ruolo più importante in questo settore della Cassa Depositi e Prestiti.
Per Mario Mattioli, Presidente di Confitarma, il cluster marittimo è debole perché continua a essere diviso e incapace di presentare strategie e proposte unitarie.
Infine per Mauro Coletta, Direttore Generale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il tema delle deleghe e delle responsabilità è un problema da affrontare a fondo.
Il Decalogo dello sblocca mare
All’apparenza una denuncia consueta: la burocrazia uccide l’economia italiana e mina le prospettive di ripresa del sistema Paese. Nei fatti, perὸ, il segnale scaturito dall’assemblea della Federazione nazionale degli agenti marittimi, ad Ancona, ha caratteristiche del tutto originali; perché nasce da un settore, quello dei traffici marittimi, che agisce sulla linea del fronte dell’interscambio mondiale e che è in grado di cogliere prima di altri potenzialità, ma anche rischi reali, che scaturiranno non fra anni, ma fra mesi, e forse settimane, dalla nuova geografia dei traffici; dall’altro perché il j’accuse lanciato dall’assemblea di Federagenti non si è tradotto nelle consuete lamentele, ma in un documento operativo concreto, denominato il “decalogo dello sblocca-mare” , che assomiglia a un vero e proprio guanto di sfida alla politica.
Con alle spalle una sintetica relazione del Presidente Gian Enzo Duci, che ha evidenziato come il sistema economico italiano debba rispondere a 160.000 leggi (alcune vecchie di oltre un secolo ma sempre vigenti), mentre per la Gran Bretagna il corpus juris è strutturato in 3mila leggi, che sono 5.500 in Germania e 7mila in Francia, Federagenti ha sottolineato come ad esempio la Via della seta, grande opportunità potenziale per riportare a sud, verso il Mediterraneo, l’asse dei traffici marittimi con l’Asia (grande player dell’interscambio mondiale) possa trasformarsi, in assenza di un’azione di emergenza contro il blocco da burocrazia, in un clamoroso e definitivo flop, per i porti, lo shipping, la logistica e l’intero sistema Italia.
Come evitarlo? Come uscirne fuori? Federagenti non lancia un proposta. Mette a nudo i fattori di debolezza di un paese nel quale (nella migliore delle ipotesi) un semplice intervento in porto richiede un iter di sette anni, e indica soluzioni precise in un decalogo che sarà inviato ai vertici delle Istituzioni del Paese, alle quali si richiede risposte pratiche e non slogan.
Il primo punto del decalogo prevede la nomina di un sottosegretario presso la Presidenza del Consiglio che accorpi tutte le competenze relative al mare, ovvero a quello Spazio marittimo che potrebbe rappresentare più del 10% del Pil Paese.
Eugenia De Cesare