Nel corso della sessione plenaria di febbraio il Parlamento europeo ha votato le norme relative al “dispositivo per la ripresa e la resilienza”, strumento da 672,5 miliardi di euro al cuore del Next Generation EU (il cosiddetto Recovery Fund), il piano da complessivi 750 miliardi di euro predisposto per sostenere le riforme e gli investimenti necessari a mitigare le conseguenze economiche e sociali della pandemia, oltre che preparare le economie degli stato membri per un futuro sostenibile e digitale. Ma come funzionerà, nel concreto, il meccanismo di trasmissione delle ingenti risorse destinate agli Stati?
Sovvenzioni e prestiti
Il denaro sarà disponibile sotto forma di sovvenzioni e prestiti. Le sovvenzioni ammonteranno a 312,5 miliardi di euro secondo le tariffe del 2018 (la somma verrà aggiornata secondo la variazione registrata dei tassi di inflazione). Lo stanziamento degli aiuti per i vari paesi dell’Ue sarà basato su diversi criteri: nella fase iniziale, che durerà fino a fine 2022, verranno presi in considerazione la popolazione, il PIL pro capite e i tassi di disoccupazione 2015-2019. Successivamente il criterio di disoccupazione sarà sostituito da quello sull’andamento dell’economia nel 2020 e nel 2021. La Commissione europea dovrà procedere a soddisfare gli impegni per l’intera somma delle sovvenzioni destinate agli Stati membri entro la fine del 2023. Le somme dovranno essere stanziate entro la fine del 2026. Secondo le previsioni della Commissione l’Italia riceverà 68,9 miliardi di euro di sovvenzioni dal dispositivo per la ripresa e la resilienza. Le cifre verranno definite entro giugno 2022 in base alla crescita del PIL nel 2020-2021. I prestiti verranno erogati dietro richiesta degli Stati membri fino alla fine del 2023 per un massimo di 360 miliardi di euro e secondo le tariffe del 2018. L’importo massimo del prestito per ogni Stato membro non supererà il 6,8% del suo reddito nazionale lordo.
L’investimento delle somme
Le norme elencano diversi settori di azione per il dispositivo per la ripresa e la resilienza, ovvero la transizione verde e la transizione digitale; la crescita inclusiva, sostenibile e smart; la coesione sociale e territoriale; la resilienza economica e la preparazione alle crisi; le politiche per le nuove generazioni. Ogni piano nazionale per la ripresa e la resilienza dovrà destinare almeno il 37 % di spesa per il clima e la biodiversità, oltre a un altro 20% per il digitale. Le norme vietano il sovvenzionamento di misure a scapito degli obiettivi climatici e ambientali: le misure dovranno quindi rispettare il principio del “non arrecare un danno significativo”.
Il funzionamento
Per poter ricevere gli aiuti, gli Stati membri devono preparare il piano per la ripresa e la resilienza con una lista di riforme e investimenti pubblici che potrebbero essere implementati entro il 2026. I piani nazionali, che devono essere presentati entro il 30 aprile 2021, saranno integrati nel ciclo di coordinamento delle politiche economiche del semestre europeo. La Commissione europea valuterà i piani e presenterà una proposta al Consiglio sulle somme di sovvenzioni e prestiti da destinare a ciascun paese dell’UE, oltre agli obiettivi intermedi e finali da raggiungere. Il Consiglio dovrà poi approvare i piani. Anche le misure adottate a partire da febbraio 2020 in relazione alla crisi di COVID-19 sono ammissibili per la richiesta di supporto. I pagamenti saranno erogati dopo che gli Stati membri raggiungeranno gli obiettivi intermedi e finali, ma i paesi possono richiedere un prefinanziamento fino al 13% del totale, che verrà assegnato una volta che il Consiglio adotterà il piano. Gli Stati membri presenteranno i progressi raggiunti due volte l’anno all’interno del quadro del semestre europeo.
Stefania Vergani