Ne ha parlato Enrico Pastori di TRT Trasporti e Territorio nel corso della seconda giornata di Shipping, Forwarding & Logistic meet Industry 2021 evidenziando come il trend riguardi tutte le modalità di trasporto, con eccezione del Ro-ro dove comunque la presenza italiana rimane sotto il 50%.
«Svetta la scarsa competitività sulle reti globali, in particolare container e aerei,» ha spiegato Pastori. «Anche il settore ferroviario vive esperienze simili. Si può stimare che sul traffico internazionale circa il 50% sia operato da società estere, principalmente sussidiarie degli operatori nazionali di Francia, Germania, Austria e Svizzera».
Le conseguenze, sul piano meramente operativo, sono svariate. L’impatto maggiore si rileva sulla subalternità rispetto alle scelte dei grandi operatori: «questo è vero soprattutto per i network globali in cui l’ottimizzazione può non premiare il Paese». L’Italia, e la concentrazione dei centri logistici nel Nord Europa lo dimostra, «non è considerata come un mercato di riferimento». La minore capacità di controllo sui flussi merceologici (il caso delle forniture sanitarie in occasione dell’emergenza pandemica è palese), l’incertezza rispetto alla presenza ed al ruolo degli operatori presenti, la mancanza di ritorno negli investimenti sono gli altri effetti negativi del fenomeno.
La debolezza del mercato logistico italiano riflette, secondo Pastori, la debolezza del settore produttivo, con la rinuncia alla gestione dell’intero ciclo della merce confermato dal massiccio ricorso alla vendita in ex-work. La prevalenza di piccole e medie imprese non agevola: «se i flussi gestiti sono piccoli c’è anche capacità negoziale inferiore».
Viene meno, così, l’elemento di strategicità della logistica, non attività ancillare ma elemento in grado do attirare risorse, legato strettamente al perseguimento dell’interesse pubblico. «Avere forti operatori forti è condizione necessaria per attrarre gli investimenti, così come ampiamente dimostrato da realtà come Germania, Paesi Bassi e Belgio».